9 Giugno 2005, h. 10:45

Non solo tessile. Ecco i settori dove l’Italia si batte per rimanere competitiva La classifica, elaborata da Confartigianato, dei prodotti a rischio Cina

In pericolo non c’è soltanto il tessile. La Cina insidia infatti numerosi altri settori del manifatturiero italiano. E il nostro Paese si sta battendo per reagire all’invasione.

La classifica della competitività dei prodotti italiani è stata ‘fotografata’ da Confartigianato che ha messo a confronto, per il periodo marzo 2004-febbraio 2005, la crescita delle importazioni dalla Cina con i dati sull’aumento del nostro export totale.

La graduatoria dei settori a rischio – cioè quelli in cui la crescita delle importazioni dalla Cina ha superato il 25% e fatica a essere compensata dalle nostre esportazioni verso il resto del mondo – vede al primo posto apparecchi radiotelevisivi, ricetrasmittenti e telefonia. Da marzo 2004 a febbraio 2005 ne abbiamo importati dalla Cina per 1 miliardo 98 milioni di euro ( + 49% rispetto ai dodici mesi precedenti) ed esportati verso il resto del mondo per 7 miliardi 103 milioni di euro (+ 15,9% rispetto ai dodici mesi precedenti).

Dove invece l’Italia non teme alcuna concorrenza è nel settore dei prodotti alimentari e delle bevande che, tra marzo 2004 e febbraio 2005, ha fatto registrare un aumento delle esportazioni del 7,1% e una diminuzione delle importazioni dalla Cina del 9,1%.

Nel gruppo di settori in cui l’import dalla Cina ha superato il 25% e che Confartigianato indica come “insidiati”, vi sono i prodotti della metallurgia, i prodotti petroliferi raffinati e combustibili nucleari, macchine ed apparecchi meccanici. “Deboli segnali di pericolo” si avvertono poi per autoveicoli, prodotti dell’editoria e della stampa, carta e cartone.

Nel gruppo di settori in cui l’aumento delle importazioni dalla Cina è contenuto tra il 5 e il 25%, si segnalano “in difesa critica” una lunga schiera di prodotti: legno e prodotti in legno e sughero, macchine ed apparecchi elettrici, cuoio, articoli da viaggio, borse, selleria e calzature, mobili, articoli di abbigliamento, apparecchi medicali, apparecchi di precisione, strumenti ottici e orologi, macchine per ufficio, elaboratori e sistemi informatici.

Resistono “in trincea” i prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi, i prodotti dell’agricoltura e della caccia, articoli in gomma e materie plastiche. “Concorrenza di routine”, invece, per prodotti chimici, fibre sintetiche e artificiali.

Confartigianato fa rilevare inoltre alcuni casi di particolare allarme. Come per le macchine per l’industria tessile che, tra marzo 2004 e febbraio 2005, hanno fatto registrare importazioni dalla Cina per quasi 28 milioni di euro ( + 16,5% rispetto ai dodici mesi precedenti) e nostre  esportazioni verso la Cina per  335 milioni di euro ( – 14,6%).

“Le nostre rilevazioni – commenta il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini – devono spingere Governo ed imprese ad uno sforzo senza precedenti in tre direzioni per difendere e valorizzare le produzioni made in Italy. Bisogna insistere sulla strada dei marchi d’origine dei prodotti, sulle politiche di valorizzazione delle filiere produttive e delle aggregazioni di imprese, sull’innalzamento della qualità dei prodotti (puntando su design e innovazione) per consolidare la nostra presenza sui mercati mondiali”.

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